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Tiziana Scuderi

(Staff di Trasformazione News)

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mercoledì 25 settembre 2013

IL CORPO HA UNA MENTE PROPRIA



Il sistema nervoso centrale corre lungo la colonna vertebrale, stendendo i suoi rami su ciascuna vertebra; queste innervature maggiori si suddividono poi in milioni di sentieri più sottili che comunicano con ogni regione del corpo.

Molte persone pensano ancora che i nervi si servano di cariche elettriche, come il sistema telegrafico, perché, fino a quindici anni fa, era quanto affermavano i testi di medicina.

Negli anni Sessanta però avvenne una serie di importanti scoperte riguardanti dei piccoli elementi chimici chiamati “neurotrasmettitori”.   Si tratta di sostanze chimiche capaci di trasmettere gli impulsi nervosi; agiscono nel corpo come “molecole di comunicazione”, permettendo ai neuroni del cervello di parlare al resto del corpo.

I neurotrasmettitori sono i podisti che corrono dal cervello a tutti i nostri organi, e viceversa, per comunicare i pensieri, le emozioni, i desideri, i ricordi, le intuizioni e i sogni. Nessuno di questi avvenimenti resta confinato solo nel cervello. E allo stesso modo, nessuno di loro è strettamente mentale, dato che può essere codificato in messaggi chimici. Ogni volta che formuliamo un pensiero, si debbono mettere in moto i neurotrasmettitori; senza di essi i pensieri non possono esistere. Pensare significa far funzionare la chimica cerebrale, mettendo in moto una cascata di risposte lungo tutto il corpo.

Intorno al 1973 sembravano necessari solo due tipi di neurotrasmettitori, uno che mettesse in moto le cellule lontane, per esempio di un muscolo, e uno che rallentasse l’attività. Le due sostanze chimiche sono l’acetilcolina e la norepinefrina; sono loro i segnali di “vai” e di “rallenta” per il sistema nervoso. Il nuovo modello chimico si limitò alla teoria di base per cui erano necessari solo due tipi di segnali. I computer funzionano usando solo questo tipo di sistema binario, e così sembrava facesse anche il cervello. Ma quando i biologi molecolari cominciarono a investigare più in profondità, vennero alla luce numerosi altri neurotrasmettitori, ciascuno con una propria struttura molecolare e con diversi messaggi da comunicare. Strutturalmente molti di essi erano collegati, appartenendo ai peptidi, catene complesse di aminoacidi dello stesso tipo di quelli che compaiono nelle proteine che costituiscono le cellule, comprese le cellule cerebrali.

Il corpo viene svegliato la mattina non da un rude allarme interno ma da una serie di segnali temporizzati, all’inizio deboli, e poi successivamente più forti, che lo strappano al sonno in stadi successivi. L’intero processo comporta una transizione graduale, in quattro o cinque ondate, dalla biochimica del sonno a quella della veglia. Se tale processo viene interrotto, non vi sveglierete totalmente come dovreste. Ecco perché i genitori di un neonato, dovendo svegliarsi diverse volte nel corso della notte, non si sentono mai del tutto a posto durante la giornata. Anche l’allarme della sveglia ci fa sobbalzare in quanto differisce dal modello normale di risveglio, e ci lascia una sensazione di torpore che può durare tutta la giornata, finchè il prossimo ciclo di sonno e risveglio non risistemerà la chimica mente-corpo. Sia il sonno che la sopportazione del dolore dipendono da precisi agenti chimici prodotti dal cervello.

Verso la metà degli anni Ottanta, si arrivarono a contare più di cinquanta neurotrasmettitori e neuro peptidi. Ciascuno di loro viene fabbricato da un neurone nel suo terminale presinaptico e, una volta che ha attraversato la sinapsi, può essere raccolto dai ricettori situati sulle terminazioni dell’altro neurone. Ciò implica un’incredibile flessibilità per comunicare da una cellula all’altra. 
Il neurone viene ora inteso come produttore di un messaggio che non esprime solo un “si” o un “no”, come il computer. Il vocabolario cerebrale è ben più ampio e contiene migliaia di combinazioni tra segnali separati. Il suo linguaggio ci appare sempre più complesso dato che continuiamo a scoprire nuovi neurotrasmettitori.

La nostra tolleranza al dolore dipende da una classe di sostanze biochimiche scoperte negli anni Sessanta denominate endorfine ed encefaline, che agiscono nel nostro corpo come un analgesico naturale. La parola endorfina significa “morfina interna”, encefalina significa “dentro al cervello”. E in realtà sono proprio una versione della morfina prodotta dal cervello stesso. Questa capacità, fino ad allora sconosciuta, di produrre internamente degli oppiacei sembrò molto eccitante. S’era già pensato che il corpo dovesse essere in grado di regolare la sensazione di dolore. 
Anche se insistente, il dolore non viene sempre registrato consapevolmente. Le emozioni forti, per esempio, possono far superare i segnali dolorosi del corpo, come nel caso della madre che corre in una casa in fiamme per salvare il figlio o del soldato ferito che continua a combattere ignorando il dolore. In circostanze più consuete tutti possiamo deviare la nostra attenzione da una sensazione leggera di dolore – non facciamo caso a un mal di gola, per esempio, se stiamo parlando di qualcosa che ci interessa.

I livelli di endorfina presenti nel corpo non corrispondono esattamente alla quantità di dolore provata. Lo si può dimostrare con l’uso del placebo ovvero i falsi medicinali. I malati che soffrono di dolori possono spesso ricevere sollievo con la somministrazione di farmaci placebo, in genere compresse di zucchero, che il medico spaccia per potenti antidolorifici. Non tutti risponderanno positivamente, ma in genere dal 30 al 60% dei pazienti riferirà di non sentire più dolore. Questo viene definito effetto placebo.

Il corpo non può essere capito senza l’ingrediente mancante dell’intelligenza. La composizione delle endorfine o di qualsiasi altro neurotrasmettitore non è importante tanto quanto il loro funzionamento.
E’ chiaro infatti che la struttura molecolare di un neurotrasmettitore è completamente secondaria rispetto alla capacità cerebrale di usarla.

Dovremmo prestare attenzione al controllo della mente. Dopotutto non è la molecola di adrenalina che spinge una madre a lanciarsi verso un edificio in fiamme né una molecola di endorfina che non le fa sentire il dolore delle bruciature. E’ l’amore che la fa accorrere, ed è la determinazione che la protegge dal dolore. Succede semplicemente che tali attributi mentali trovino un sentiero chimico attraverso il quale il cervello può comunicare col corpo. E’ stupefacente come, con ogni pensiero, la mente riesca a muovere gli atomi di idrogeno, azoto, ossigeno e le altre particelle nelle cellule cerebrali.

Si scoprì che le aree del cervello che mediano le nostre emozioni – l’amigdala e l’ipotalamo, sono particolarmente ricche di sostanze appartenenti al gruppo dei neurotrasmettitori. Dove i processi di pensiero sono numerosi abbondano anche le sostanze chimiche associate al pensiero. Il sistema immunitario, dotato di un vocabolario capace di rispecchiare il sistema nervoso nella sua complessità, invia e riceve manifestamente messaggi altrettanto variegati.

Il corpo è sufficientemente plastico da rispecchiare qualsiasi avvenimento mentale. Niente si muove senza coinvolgere il tutto. La mente si proietta ovunque nel nostro spazio interno.

La scoperta di neurotrasmettitori, di neuropeptidi e di molecole messaggere di tutti i tipi ha notevolmente allargato il nostro concetto d’intelligenza.
Il potere che il nostro pensiero ha sul nostro universo fisico è ancora oggetto di studi. Esso è ritenuto in grado di portarci alla consapevolezza, ossia la capacità di considerare, sentire e vivere il nostro corpo all’unisono con mente e spirito.


(Liberamente tratto da "Quantum Healing" di Deepak Chopra)

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