IL BLOG

Il blog di Trasformazione News si colloca in un ambito al servizio dei lettori. Con informazioni e consigli per una "trasform-azione" e quindi crescita personale all'insegna dell'informazione. Ciò che é crescita personale é capacità critica e autocritica, é acquisizione di modelli di comportamento da interiorizzare, personalizzare e mettere in pratica. Il blog di Trasformazione News vuole essere, senza pretese, uno strumento per i lettori in un rapporto senza censure. Saranno bene accetti consigli, critiche, commenti, partecipazioni attive per un confronto finalizzato allo scambio, quindi al miglioramento ed alla crescita. Buona navigazione!

Tiziana Scuderi

(Staff di Trasformazione News)

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mercoledì 25 settembre 2013

IL CORPO HA UNA MENTE PROPRIA



Il sistema nervoso centrale corre lungo la colonna vertebrale, stendendo i suoi rami su ciascuna vertebra; queste innervature maggiori si suddividono poi in milioni di sentieri più sottili che comunicano con ogni regione del corpo.

Molte persone pensano ancora che i nervi si servano di cariche elettriche, come il sistema telegrafico, perché, fino a quindici anni fa, era quanto affermavano i testi di medicina.

Negli anni Sessanta però avvenne una serie di importanti scoperte riguardanti dei piccoli elementi chimici chiamati “neurotrasmettitori”.   Si tratta di sostanze chimiche capaci di trasmettere gli impulsi nervosi; agiscono nel corpo come “molecole di comunicazione”, permettendo ai neuroni del cervello di parlare al resto del corpo.

I neurotrasmettitori sono i podisti che corrono dal cervello a tutti i nostri organi, e viceversa, per comunicare i pensieri, le emozioni, i desideri, i ricordi, le intuizioni e i sogni. Nessuno di questi avvenimenti resta confinato solo nel cervello. E allo stesso modo, nessuno di loro è strettamente mentale, dato che può essere codificato in messaggi chimici. Ogni volta che formuliamo un pensiero, si debbono mettere in moto i neurotrasmettitori; senza di essi i pensieri non possono esistere. Pensare significa far funzionare la chimica cerebrale, mettendo in moto una cascata di risposte lungo tutto il corpo.

Intorno al 1973 sembravano necessari solo due tipi di neurotrasmettitori, uno che mettesse in moto le cellule lontane, per esempio di un muscolo, e uno che rallentasse l’attività. Le due sostanze chimiche sono l’acetilcolina e la norepinefrina; sono loro i segnali di “vai” e di “rallenta” per il sistema nervoso. Il nuovo modello chimico si limitò alla teoria di base per cui erano necessari solo due tipi di segnali. I computer funzionano usando solo questo tipo di sistema binario, e così sembrava facesse anche il cervello. Ma quando i biologi molecolari cominciarono a investigare più in profondità, vennero alla luce numerosi altri neurotrasmettitori, ciascuno con una propria struttura molecolare e con diversi messaggi da comunicare. Strutturalmente molti di essi erano collegati, appartenendo ai peptidi, catene complesse di aminoacidi dello stesso tipo di quelli che compaiono nelle proteine che costituiscono le cellule, comprese le cellule cerebrali.

Il corpo viene svegliato la mattina non da un rude allarme interno ma da una serie di segnali temporizzati, all’inizio deboli, e poi successivamente più forti, che lo strappano al sonno in stadi successivi. L’intero processo comporta una transizione graduale, in quattro o cinque ondate, dalla biochimica del sonno a quella della veglia. Se tale processo viene interrotto, non vi sveglierete totalmente come dovreste. Ecco perché i genitori di un neonato, dovendo svegliarsi diverse volte nel corso della notte, non si sentono mai del tutto a posto durante la giornata. Anche l’allarme della sveglia ci fa sobbalzare in quanto differisce dal modello normale di risveglio, e ci lascia una sensazione di torpore che può durare tutta la giornata, finchè il prossimo ciclo di sonno e risveglio non risistemerà la chimica mente-corpo. Sia il sonno che la sopportazione del dolore dipendono da precisi agenti chimici prodotti dal cervello.

Verso la metà degli anni Ottanta, si arrivarono a contare più di cinquanta neurotrasmettitori e neuro peptidi. Ciascuno di loro viene fabbricato da un neurone nel suo terminale presinaptico e, una volta che ha attraversato la sinapsi, può essere raccolto dai ricettori situati sulle terminazioni dell’altro neurone. Ciò implica un’incredibile flessibilità per comunicare da una cellula all’altra. 
Il neurone viene ora inteso come produttore di un messaggio che non esprime solo un “si” o un “no”, come il computer. Il vocabolario cerebrale è ben più ampio e contiene migliaia di combinazioni tra segnali separati. Il suo linguaggio ci appare sempre più complesso dato che continuiamo a scoprire nuovi neurotrasmettitori.

La nostra tolleranza al dolore dipende da una classe di sostanze biochimiche scoperte negli anni Sessanta denominate endorfine ed encefaline, che agiscono nel nostro corpo come un analgesico naturale. La parola endorfina significa “morfina interna”, encefalina significa “dentro al cervello”. E in realtà sono proprio una versione della morfina prodotta dal cervello stesso. Questa capacità, fino ad allora sconosciuta, di produrre internamente degli oppiacei sembrò molto eccitante. S’era già pensato che il corpo dovesse essere in grado di regolare la sensazione di dolore. 
Anche se insistente, il dolore non viene sempre registrato consapevolmente. Le emozioni forti, per esempio, possono far superare i segnali dolorosi del corpo, come nel caso della madre che corre in una casa in fiamme per salvare il figlio o del soldato ferito che continua a combattere ignorando il dolore. In circostanze più consuete tutti possiamo deviare la nostra attenzione da una sensazione leggera di dolore – non facciamo caso a un mal di gola, per esempio, se stiamo parlando di qualcosa che ci interessa.

I livelli di endorfina presenti nel corpo non corrispondono esattamente alla quantità di dolore provata. Lo si può dimostrare con l’uso del placebo ovvero i falsi medicinali. I malati che soffrono di dolori possono spesso ricevere sollievo con la somministrazione di farmaci placebo, in genere compresse di zucchero, che il medico spaccia per potenti antidolorifici. Non tutti risponderanno positivamente, ma in genere dal 30 al 60% dei pazienti riferirà di non sentire più dolore. Questo viene definito effetto placebo.

Il corpo non può essere capito senza l’ingrediente mancante dell’intelligenza. La composizione delle endorfine o di qualsiasi altro neurotrasmettitore non è importante tanto quanto il loro funzionamento.
E’ chiaro infatti che la struttura molecolare di un neurotrasmettitore è completamente secondaria rispetto alla capacità cerebrale di usarla.

Dovremmo prestare attenzione al controllo della mente. Dopotutto non è la molecola di adrenalina che spinge una madre a lanciarsi verso un edificio in fiamme né una molecola di endorfina che non le fa sentire il dolore delle bruciature. E’ l’amore che la fa accorrere, ed è la determinazione che la protegge dal dolore. Succede semplicemente che tali attributi mentali trovino un sentiero chimico attraverso il quale il cervello può comunicare col corpo. E’ stupefacente come, con ogni pensiero, la mente riesca a muovere gli atomi di idrogeno, azoto, ossigeno e le altre particelle nelle cellule cerebrali.

Si scoprì che le aree del cervello che mediano le nostre emozioni – l’amigdala e l’ipotalamo, sono particolarmente ricche di sostanze appartenenti al gruppo dei neurotrasmettitori. Dove i processi di pensiero sono numerosi abbondano anche le sostanze chimiche associate al pensiero. Il sistema immunitario, dotato di un vocabolario capace di rispecchiare il sistema nervoso nella sua complessità, invia e riceve manifestamente messaggi altrettanto variegati.

Il corpo è sufficientemente plastico da rispecchiare qualsiasi avvenimento mentale. Niente si muove senza coinvolgere il tutto. La mente si proietta ovunque nel nostro spazio interno.

La scoperta di neurotrasmettitori, di neuropeptidi e di molecole messaggere di tutti i tipi ha notevolmente allargato il nostro concetto d’intelligenza.
Il potere che il nostro pensiero ha sul nostro universo fisico è ancora oggetto di studi. Esso è ritenuto in grado di portarci alla consapevolezza, ossia la capacità di considerare, sentire e vivere il nostro corpo all’unisono con mente e spirito.


(Liberamente tratto da "Quantum Healing" di Deepak Chopra)

lunedì 16 settembre 2013

IL VENDITORE EFFICACE E' UNA PERSONA MIGLIORE


Negli ultimi 15 anni ho modificato la mia opinione sulla vendita diverse volte. L’esperienza nella vendita è utile, a dispetto delle tecniche.

Convincere le persone ad acquistare subito? SBAGLIATO

Quante volte l’ho fatto! Ho perso il conto. Molti contenti, molti no. Al momento tutti erano convinti dell’acquisto, anche se pensandoci bene li ho proprio forzati con tecniche di comunicazione. Nei primi seminari di formazione alla vendita ho imparato come vendere il servizio, come fare leva sulle emozioni del cliente per ottenere il mio risultato, e come presentarmi affinché riponesse in me fiducia e dessi l’idea di sicurezza. Tutto ciò che fosse utile per chiudere subito un contratto io lo avevo.

Poi mi accorsi: nessun passaparola! Eppure io facevo tutto il necessario, mi avevano insegnato quella modalità. Ma non funzionava qualcosa in questo meccanismo. Dovetti studiarci sopra e sbattere contro la realtà.

Iniziai a capire che le persone non vanno forzate perché poi ti si ritorce contro, si chiudono, non si fidano, finisce prima o poi.

“Il mio servizio è eccellente, ti serve, tu non lo sai, ti persuado a comprarlo”. Mi ripetevo questo in mente dalla mattina alla sera. Questo mantra mi convinceva che facevo la cosa giusta.


Cosa non funzionava in tutto questo? WIN-WIN

Mi hanno insegnato il modello WIN-WIN che tutti i venditori conoscono. Ma vi dico, dal mio punto di vista le azienda ed i formatori poco attenti, e forse più “scaltri”,  lo utilizzano come manipolazione per loro esclusivo vantaggio: raggirare i valori del venditore e far si che venda con serenità e convinzione i prodotti/servizi offerti.

Il WIN-WIN è un buon modello ma lascia spazio a troppe interpretazioni. Il mio vincere è non solo la vendita, il guadagno, la gratificazione ma sapere di aver dato al cliente ciò che gli è utile, ciò che a lui serve. Non è dare ciò che è utile a me, e ciò che è utile al soddisfacimento del bisogno che io stesso gli ho creato. Questo è sempre WIN-WIN ma falsato, non è reale.

L’aspetto più importante del miglior venditore non è la tecnica di persuasione, ma la consapevolezza di sé, poi la conoscenza delle tecniche e poi l’esperienza quotidiana.

Il miglior venditore è una persona migliore. Se tu diventi una persona migliore per te, lo diventi per la tua famiglia, per i tuoi amici, per la tua azienda e per i tuoi clienti. Tutti quanti acquisteranno da te perché sarai una persona migliore, su cui fare affidamento e sarai, soprattutto, te stessa/o. Le tue intenzioni arriveranno chiaramente all’altro che sceglierà di acquistare da te, senza che tu lo convinca con tecniche o manipolazioni particolari. Questo atteggiamento è vincente e ti ripagherà.

Il miglior venditore non vende nulla, è se stesso sempre. Affascina qualsiasi cosa proponga.
Ci crede nel profondo. È allineato al proprio scopo di vita, alla crescita ed è orientato agli altri. Quando tutto è allineato, sarai il miglior venditore. Quando il tuo cuore parlerà, venderai. Se parla la mente … mentirai!
Oggi, quando voglio propormi, vendermi, vendere un servizio, un prodotto mi pongo queste domande la cui risposta deve essere SI. Se non è tale non vendo. Lascio perdere! Non esiste il NI, il FORSE. Deve essere SI a tutte le domande. Chiaro? SI!


Riepilogando:
- ciò che sei e ciò che fai devono coincidere
- la tua intenzione deve arrivare forte e chiara al cliente
- accertati il SI come risposta alle domande prima di vendere
- formazione alla vendita e crescita personale vanno di pari passo
- segui un mentore o prendi un coach personale
- leggi tanto di tutto
- stai con i migliori
- diventa un esempio per gli altri

(Liberamente tratto dall’articolo di Giuseppe Petrella pubblicato sul nuovo numero di 
 Vendere di Più )


Giuseppe Petrella  - formatore e mental coach






IL REIKI





CHE COSA E' "REIKI"?

Reiki è una disciplina spirituale che consiste sostanzialmente in una serie di attivazioni energetiche che hanno lo scopo di facilitare ed aumentare progressivamente e gradualmente il passaggio di energia vitale attraverso il nostro sistema psicofisico.
CANALIZZAZIONE DELL'ENERGIA VITALE
E' importante considerare che trattandosi per l'appunto di una canalizzazione e avvalendosi di tecniche e di procedimenti praticati da migliaia di anni e derivati dalle principali filosofie, religioni e medicine orientali , non si ha alcuna interferenza tra l'energia personale di chi dà e di chi riceve Reiki.
Gli insegnamenti, le procedure e i simboli utilizzati in Reiki sono perfettamente riconducibili ed assimilabili infatti alle tecniche di guarigione praticate in alcune arti marziali, nella medicina cinese, nella medicina tibetana.
Le culture e le filosofie orientali hanno sempre avuto una grande considerazione della dimensione spirituale e dell'interezza dell'essere umano e difficilmente riescono a concepirlo come un insieme di organi da analizzare isolatamente e in modo separato dall'esistenza globale dell'individuo.
ARMONIA INTERIORE E CRESCITA SPIRITUALE
Il concetto di salute e di guarigione secondo Reiki è la naturale conseguenza di uno stato di armonia interiore e con il mondo circostante.
Reiki non può essere considerata una terapia in senso occidentale, in quanto non mira tanto a reintegrare la funzione di un organo, ma piuttosto a indagare e rimuovere le cause interiori o esteriori che hanno prodotto lo squilibrio.
Si tratta di un percorso di crescita spirituale, o come diceva testualmente Usui, un "Metodo Segreto per Invitare Molte Benedizioni e una Medicina Spirituale per Guarire Ogni Malattia".
IL PROCESSO DI GUARIGIONE
Nel giro di poche ore o di pochi giorni l'energia sbloccata raggiunge la coscienza dell'individuo rendendolo consapevole delle cause che hanno prodotto il problema.
Con le cerimonie di attivazione e con i trattamenti è possibile diventare sempre più coscienti della propria interazione con l'universo e adeguare i propri comportamenti in modo che siano sempre più in armonia con le leggi della natura.
Ecco che la Guarigione non può prescindere da un profondo processo di trasformazione che riporta l'individuo in contatto con la propria anima e con il proprio destino.
Il termine Guarigione non va inteso quindi da un punto di vista medico-scientifico come eliminazione di un processo patologico in senso stretto, ma piuttosto come il recupero di una dimensione interiore di armonia ed equilibrio in conseguenza di scelte e comportamenti consapevoli in linea con il proprio percorso evolutivo e spirituale.
Guarigione secondo Reiki è un stato teorico di difficile attuazione e non può dipendere da una analisi anatomo-fisiologica o da un esame quantitativo sulla presenza o meno di determinate sostanze nell'organismo.
Il termine Guarigione va inteso come un movimento verso il compimento, verso la felicità, verso la autorealizzazione, verso la scoperta del proprio autentico Sè.
In definitiva Reiki può validamente e correttamente essere considerato una via verso l'Illuminazione attraverso successivi livelli di attivazione energetica.



sabato 14 settembre 2013

CHE COSA SONO LE "COSTELLAZIONI FAMILIARI"?


Spesso la nostra vita viene condizionata da destini e sentimenti che non sono veramente nostri, anche malattie gravi, desiderio di morte, problemi sul lavoro possono essere dovuti a grovigli sistemici familiari che vengono portati alla luce attraverso il processo delle Costellazioni Familiari. Sembra che continui ad agire dentro di noi una struttura arcaica, cieca e inconscia, preposta alla coesione e all'appartenenza, nel sistema familiare. Per questo, se in una famiglia è stato dimenticato un membro o escluso, per questa legge inconscia, un altro membro giovane, di generazioni successive, che nulla sa di questo suo predecessore, porterà su di sé il destino di questi e cercherà di seguirlo nella sua sorte. A partire dal 1980, Bert Hellinger, espone le basi delle sue linee teoretiche e metodologiche in merito alle Costellazioni Familiari e Sistemiche, una delle varie espressioni della psicologia fenomenologica e sistemica. Hellinger ritiene che la vita di ognuno sia condizionata da destini e sentimenti che non sarebbero veramente propri e personali; anche malattie gravi, il desiderio di morte e problemi sul lavoro potrebbero essere dovuti, secondo questa sua teoria, a "irretimenti" del sistema-famiglia e potrebbero essere portati alla luce attraverso il processo delle cosiddette "Costellazioni Familiari". Queste, guidate da un "facilitatore" sono costituite da una "messa in scena", riprodotta da "rappresentanti", che in modo intuitivo ricreano le inter-dipendenze esistenti tra i componenti di una famiglia o di un gruppo, permettendo in tal modo di evidenziare le dinamiche inconsce che producono sofferenza in molti aspetti della vita (relazioni affettive, relazioni professionali, rapporto con il denaro e con la salute).


venerdì 13 settembre 2013

SECONDA CHIAVE DELLA FELICITA’


La seconda chiave della felicità è: trovare la vera autostima.

Desideriamo tanto ricevere dal prossimo quell’approvazione che conferma e sorregge l’immagine che abbiamo di noi stessi. Temiamo però la disapprovazione, perché sminuisce l’idea che ci siamo fatti della nostra persona. E’ un meccanismo basato sull’identificazione con gli oggetti esteriori. Il suo opposto è il bastare a se stessi identificandosi con il vero sé, provando un’esperienza puramente interiore.
La vera autostima non corrisponde ad un miglioramento dell’idea che si ha di se stessi, che dipende da ciò che gli altri pensano di noi.
Il sé autentico risiede ad un livello di esistenza indipendente dalle opinioni altrui, positive o negative che siano.
Il vero sé ha cinque qualità non influenzabili da persone, oggetti o eventi esteriori.

1.   Il vero sé è connesso a tutto ciò che esiste.
2.   Non ha limiti.
3.   Possiede creatività infinita.
4.   E’ privo di paure ed è pronto ad affrontare l’ignoto.
5.   La sua intenzione è uno strumento potente e può orchestrare la sincronicità (un perfetto incastro di circostanze esteriori che realizza l’intenzione).

L’ego ha le qualità opposte.

1.   L’ego è solo e isolato. Ha bisogno dell’approvazione altrui per provare un senso di appartenenza e valore.
2.   Si sente limitato e confinato. Senza potere e controllo sul prossimo, teme di rendere palese la propria debolezza.
3.   Preferisce la routine e l’abitudine alla creatività. Trova sicurezza nel ripetere oggi ciò che ha fatto ieri.
4.   Teme l’ignoto più di qualsiasi altra cosa, perché lo vede come un luogo oscuro e vuoto.
5.   Combatte per ottenere ciò che vuole. Dà per scontato che senza lottare i suoi bisogni non verrebbero mai soddisfatti. Questo riflette un profondo senso di carenza interiore.

La caratteristica centrale dell’ego è l’insicurezza. Un commento adulatorio lo rende felice, uno sarcastico lo ferisce.
Perché e come spostare l’identificazione dall’ego al vero sé?
Spostare la propria identità dall’ego al vero sé ha un effetto liberatorio e permette di ottenere una vita piena di abbondanza, gioia e soddisfazione. Il vero sé può creare situazioni, circostanze e rapporti ricchi di opportunità.
Se in questo momento le vostre massime aspirazioni non si stanno realizzando, la causa principale è che ignorate chi siete davvero. L’identificazione con gli oggetti esteriori allontana dalla vera identità.
Il vero sé, l’io autentico realizza tutto ciò che l’ego desidera: pace, appagamento, gioia, sicurezza, perché tutte queste qualità gli sono proprie e non deve lottare per averle.
L’ego non pone mai sulla via giusta. Bisogna persuadere l’ego ad abbandonare le sue abitudini errate e a smettere di identificarsi con gli oggetti esteriori.
La consapevolezza è la chiave del cambiamento. Quasi tutti cercavamo da bambini l’approvazione dei genitori, pensando di doverci meritare il loro amore. I bisogni emotivi che avevamo da bambini ci rendevano difficile accettare il fatto che anche mamma e papà avevano bisogno dei propri spazi, di tanto in tanto.
Ora però siamo adulti, eppure rimaniamo ancora feriti da commenti insignificanti o ci sentiamo infelici quando una persona amata non ci dedica abbastanza attenzione o si allontana. Il ricordo delle ferite passate ci spinge ad attribuire eccessiva importanza alle opinioni altrui.
Una volta aperta la porta della consapevolezza, non si lotta più contro le paure e le insicurezze. Se ci limitiamo ad osservare e ad accettare quanto accade, essa ha un potere curativo.
Per esempio, se riceviamo una critica che ci ferisce e non lottiamo, non rifiutiamo la sensazione dolorosa, restiamo con essa e si dissolverà. L’ego crede di doversi difendere continuamente, ma si sbaglia. Pensare di continuo alle esperienze passate e proiettarle sul presente per evitare di dover soffrire non preserverà dal provare nuovi dolori. Se ricordare i dolori che abbiamo provato in passato servisse ad evitare di produrne di nuovi, non ci sentiremmo così male e vulnerabili davanti alla disapprovazione altrui.
Usando la consapevolezza possiamo disinnescare il ricordo delle sofferenze patite abbandonando la convinzione che servano a qualcosa.
Limitiamoci ad osservare ciò che accade. Lasciamoci “essere”, abbandoniamoci alla semplicità e all’innocenza del nostro essere e non avremo più bisogno di lottare. Il vero sé coincide con il sé dell’Universo. Quando avremo la creatività, il coraggio, la capacità di affrontare l’ignoto, assieme al potere dell’intenzione, possederemo tutto.
La consapevolezza richiede pratica e pazienza. Ma man mano si noterà una maggiore tranquillità e pacatezza dell’animo e ciò indicherà che siamo connessi all’essere autentico.
La nobiltà d’animo risiede nell’innocenza e nella semplicità. E’ una qualità innata, non si può creare. Irradia dal vero essere, e solo scoprendolo potremo diffondere nel mondo le qualità naturali della vita: la bellezza e la verità.
   
    (Liberamente tratto da 
    “Le 7 chiavi della felicità” di Deepak Chopra)







giovedì 12 settembre 2013

GUARIRE DAL MALE EMOZIONALE


Immaginiamo di avere una malattia della pelle e di essere pieni di ferite infette. Se andiamo dal dottore per farci curare, lui aprirà le ferite con il bisturi. Poi le pulira', applicherà una medicazione e le terrà pulite, finché saranno completamente guarite e non faranno più male. Per guarire il "corpo emozionale" il bisturi da usare per aprire le ferite é "la verità". É doloroso aprire le ferite con il bisturi della verità e portare allo scoperto tutte le menzogne che ci siamo detti e che si sono dette: "il sistema di negazione" che abbiamo creato per proteggerci. Ma se guardiamo le nostre ferite con gli occhi della verità, possiamo finalmente guarirle. Si inizia praticando la verità con se stessi ... cominciando a vedere ogni cosa così com'é, non come la si vuole vedere. L'ingiustizia subìta crea una forte ferita emozionale, che può richiedere anni prima di guarire. Ma ciò che é stato vero in passato, non significa che sia vero "adesso". Usando la verità, potete aprire la ferita e vedere l'ingiustizia da una prospettiva nuova. La verità é "relativa" in questo mondo. Cambia continuamente ... Ciò che é vero adesso non é detto che lo sarà in futuro o magari tornerà ad esserlo. Il nostro sistema di negazione é così potente che diventa molto complesso. Ci sono verità usate per coprire menzogne, e menzogne usate per coprire la verità. Bisogna svelare uno strato alla volta, come quando si pela una cipolla, finché ad un certo punto aprirete gli occhi e scoprirete che si mente continuamente. Le tre regole per scoprire la verità.
- La regola numero uno: Non credete a tutto ciò che leggete.
Credete ciò che vi pare solo se per voi ha un senso, se vi guida verso il risveglio. Allora scegliete di crederci. Viviamo in sogni completamente diversi. Ciò che io dico, anche se per me é assolutamente vero, non deve necessariamente esserlo per altri.
- La regola numero due: Non credete a voi stessi.
Non credete a tutte le menzogne che vi raccontate per non soffrire. A tutte le cose che vi sono state inculcate e nelle quali non avete scelto di credere. Non credete nei vostri limiti. Non credete di essere indegni di felicità e di amore. Non credete in tutto ciò che vi fa soffrire. Aprite il "cuore" e ascoltate: quando sentite che vi sta guidando verso la felicità, scegliete di ascoltare.
- La regola numero tre: Non credete agli altri.
Non credete agli altri perché mentono sempre. Tutto cambia con estrema rapidità, ma se siete consapevoli potete notare il cambiamento. Solo il buon senso può guidarvi verso la felicità. Ciò che é vero non ha bisogno di spiegazioni o di giustificazioni. Alla verità non serve l'aiuto di nessuno.
Le menzogne hanno bisogno d'aiuto. Si crea una menzogna per giustificarne un'altra, poi un'altra per rendere credibili le prime due e così di seguito. Gran parte delle menzogne che crediamo vere si dissolvono da sole se smettiamo di credere in esse. Ciò che é falso non sopravvive allo scetticismo, la verità invece sì. Ciò che vero é vero che lo crediamo o no. Da bambini non abbiamo avuto l'opportunità di scegliere in cosa credere. Adesso é diverso. Siamo adulti, e abbiamo il potere di scegliere. Possiamo scegliere in che modo vivere la nostra vita. Se siamo onesti con noi stessi, sapremo di essere sempre liberi di scegliere. Se siamo disposti a vedere con gli occhi della verità, scopriamo le menzogne e apriamo le ferite. Ma dentro le piaghe c'é ancora il veleno. Una volta aperte le ferite, dobbiamo ripulirle da tutto il veleno. Come si fa? Soltanto il perdono può neutralizzare il veleno. Dovete perdonare tutti coloro che vi hanno fatto del male, anche se pensate di aver subito qualcosa di imperdonabile. Dovete perdonare per non soffrire ogni volta che ricordate ciò che vi hanno fatto. Il perdono serve alla vostra "guarigione"! Il perdono é un atto d'amore verso di sé. Saprete di aver perdonato qualcuno quando sentite il suo nome, lo vedete o gli parlate e non avete una reazione emotiva. Se toccate una ferita e non provate dolore, sapete di aver perdonato. Naturalmente resterà una cicatrice, proprio come sulla pelle. Avrete il ricordo dell'accaduto e del dolore provato ma, una volta guarita,la ferita non farà più male. Non dobbiamo imparare il perdono, perché é un talento naturale. Ma é successo che abbiamo imparato il comportamento opposto, l'abbiamo praticato, e ora perdonare ci riesce molto difficile. Appena qualcuno fa qualcosa che non ci piace, basta, é finita. É fuori dalla nostra vita. Diventa una guerra d'orgoglio. Perché ogni volta che non perdoniamo la nostra "importanza personale" diventa più forte. Ci sentiamo più importanti, quando diciamo: " Qualunque cosa possa dire o fare non cambierà nulla. Ciò che mi ha fatto é imperdonabile". L'orgoglio é il vero problema. A causa sua aggiungiamo benzina sul fuoco dell'ingiustizia subita, per ricordarci che non possiamo perdonare. Impariamo anche a soffrire per "punire" chi ci ha fatto del male.

Ci facciamo male da soli e poi diciamo: " Guarda cosa ho fatto a causa tua!". Sembra assurdo, ma é proprio ciò che facciamo. Trovate il "bambino capriccioso" dentro di voi, prendete il vostro orgoglio e gettatelo nella spazzatura. Non ne avete bisogno. Lasciate andare "l'importanza personale" ... perdonate gli altri e vedrete accadere miracoli nella vostra vita. Cominciate a lavorare con il perdono. Praticatelo. All'inizio sarà difficile, ma poi diventerà un'abitudine. L'unico modo di recuperare la capacità di perdonare é tornare a praticarla, continuamente, finché un giorno scoprirete di poter perdonare anche voi stessi. A un certo punto, capirete di dovervi perdonare per tutte le ferite che vi siete inflitti, per tutto il veleno che avete creato. Quando perdonate voi stessi, potete cominciare ad accettarvi e ad amarvi. Il supremo perdono é perdonare se stessi. Una volta ripulite le ferite, possiamo usare una potente medicina per accelerare il processo di guarigione: si tratta dell'Amore. L'amore incondizionato accelera il processo di guarigione. Non c'é medicina più potente. Non ci sono più "se". Non ci sono giustificazioni, né spiegazioni. C'é solo amore. Amate voi stessi, amate il prossimo e amate i vostri nemici. Tutto ciò é semplice buon senso, ma non possiamo amare gli altri se non amiamo noi stessi. Ci sono milioni di modi per esprimere la felicità, ma ce n'é uno solo per essere felici: amare. Se non vi amate, non potrete amare nessun altro. Ma avrete comunque bisogno d'amore, e se troverete qualcuno che ha bisogno di voi, si produrrà ciò che gli umani chiamano amore. Ma quello non é "Amore". É possesso, egoismo, controllo, mancanza di rispetto. L'amore che proviene da dentro é l'unico modo di essere felici: un amore incondizionato per voi stessi. Amare se stessi non significa essere egoisti. Se vi amate, l'amore crescerà sempre di più, e quando inizierete un rapporto non sarà perché avete bisogno di essere amati. Diventa una scelta: potete scegliere una persona, se volete, e scoprire chi é veramente. Poiché non avete bisogno del suo amore. Siete completi. Quando l'amore irradia da voi, non avete bisogno di cercarlo per paura della solitudine. Se amate voi stessi, potete essere soli e non c'é problema. Abbandonatevi completamente a questo amore. Non resistete più alla vita. Non rifiutatevi più. Non continuate a portarvi addosso tutte quelle colpe. Accettate ciò che siete e accettate gli altri così come sono. Avete il diritto di amare, di sorridere, di essere felici, di condividere il vostro amore e di non aver paura di essere amati. Questa é la "guarigione". Non é più necessario soffrire. Se siamo consapevoli che la mente é "malata" e che il corpo emozionale é "ferito", possiamo guarire. Tre semplici punti chiave: la verità, il perdono e l'amore. Con questi tre punti il mondo può guarire e smettere di essere un ospedale psichiatrico!
( Liberamente tratto dal capolavoro di saggezza tolteca di Don Miguel Ruiz, "La padronanza dell'amore", tradotto in 34 lingue, nove milioni di copie vendute).





mercoledì 11 settembre 2013

IL METODO MÉZIÈRES

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               IL METODO MÉZIÈRES A cura di Andrea Carlucci
“Il corpo è schiacciato dalla propria forza-peso, vale a dire dalla propria forza muscolare, dalle ipertonie, dagli stati di tensione e contrazione, dalle perdite di elasticità”.
(F. Mézières)
È facile confondere il Metodo Mézières con una semplice ginnastica dolce, in realtà si tratta di un lavoro posturale e correttivo impegnativo sia per il paziente che per il terapista sul piano fisico e psicologico. Il Metodo Mézières è indicato per normalizzare tutti i problemi osteo-muscolo-articolari ed ha come campo di applicazione quello della patologia funzionale:
 - Vertebrale: lombalgie, lombo sciatalgie, cervicalgie, cervicobrachialgie, etc..
 - Articolare: periartrite scapolo-omerale, coxartrosi, gonartrosi
 - Muscolare: sindrome degli scaleni, sindrome dello stretto toracico superiore, sindrome        dell’angolare.
 - Dismorfica: iperlordosi, ipercifosi, ginocchia valghe/vare, piede piatto/cavo 
Viene indicata inoltre, per gli sportivi per la prevenzione di contratture, stiramenti, strappi, tendiniti e inoltre trova applicazione nell’ambito della medicina preventiva.
Secondo Françoise Mézières, creatrice e studiosa del Metodo, esiste una FORMA normale del corpo alla quale rifarsi e da confrontare con tutte le altre. Essa è quella che rispetta le proporzioni del “numero aureo”, usato dagli antiche greci nella scultura del periodo classico, molto caro a Leonardo da Vinci e considerato dalla ideatrice stessa “legge di armonia universale”. Secondo la Mézières è infatti la forma a governare la funzione e non il contrario; attraverso un costante miglioramento della forma, della quale la “statua greca” è il canone, ci si avvicina alla forma perfetta.
A partire da questi presupposti tale Metodo ha lo scopo di “curare” la persona cercando di ripristinare la simmetria delle parti con un lavoro di rieducazione di tipo posturale attraverso esercizi che favoriscono l’allungamento dei muscoli privi di elasticità.
I numerosi muscoli, specialmente quelli posteriori del corpo e dorsali, si comportano come un unico grande e potente muscolo in grado di deviare la corretta posizione di vertebre e capi articolari su cui hanno inserzione.
Questo comportamento venne analizzato dalla Mézières attraverso uno studio minuzioso dell’anatomia e della cinesiologia muscolare, per arrivare a sostenere che ogni muscolo del corpo è collegato all’altro e sovrapposto, come “tegole” di un tetto, andando a costituire diverse catene muscolari:
Catena posteriore
Catena antero-interiore
Catena brachiale anteriore
Catena anteriore del collo
Queste catene si trovano sempre in una condizione di ipertonicità e costante retrazione e se non dovutamente corrette in allungamento possono causare tutta una serie di dimorfismi: scoliosi, dorso curvo, iperlordosi, ipercifosi etc… “Osservazione Principe”: è alla base dei compensi muscolari delle catene muscolari. Di seguito si può osservare il comportamento dei muscoli e delle catene muscolari mettendo in evidenza come ciascun muscolo è in relazione con l’altro.

Considerato che il recupero della forza e dell'elasticità e la riduzione del dolore dipendono dal ripristino della buona morfologia, il bilancio sarà essenzialmente morfologico. Si comincia in piedi, poi piegati in avanti e infine sdraiati supini per terra. Grazie all'osservazione, rapida e precisa, il terapeuta ha già una visione sintetica delle asimmetrie del paziente e delle difficoltà che potrà incontrare. Ha inizio così il trattamento: una successione di posture, proposte dal terapeuta e mantenute dal paziente. Lo scopo delle posture è di allungare le catene muscolari facendo riferimento alla forma perfetta. Lo stiramento dei muscoli provoca però un certo disagio e quindi il corpo, in maniera del tutto incosciente, mette in atto tutta una serie di "compensazioni" per evitare l'allungamento che spesso si esprime in una sensazione di dolore. Si tratta di un dolore da stiramento muscolare che i pazienti descrivono come "un dolore che si sente che fa bene".
Le diverse posture che vengono proposte al paziente vengono indicate a seconda delle deformazioni del soggetto e delle modalità di compensazione che egli stesso utilizza per proteggerle. Non esistono quindi delle posizioni standard. Non esiste nessuna ricetta, solo alcuni principi di base. In effetti ogni patologia ha una modalità di espressione simile: i sintomi della sciatalgia, ad esempio, sono riconoscibili come il dolore forte al gluteo, nella parte posteriore della coscia, laterale della gamba ecc.. L'accorciamento che provoca il dolore, però, si manifesta spesso in maniera diversa, perciò, due persone, con lo stesso dolore, ma con deviazioni dalla “forma” normale differenti, avranno bisogno di due sedute diverse. In ogni seduta il terapeuta deve inventare, creare su misura una sequenza organizzata di esercizi posturali in funzione della situazione che si presenta.


domenica 8 settembre 2013

L’ARTE DEL TRANSURFING



COME SCIVOLARE ATTRAVERSO I COLPI E LE SFERZATE DEL DESTINO E GESTIRE A NOSTRO PIACIMENTO LE CIRCOSTANZE CHE SPESSO TURBANO IL NOSTRO EQUILIBRIO.

Il Transurfing è un modo di scegliere il proprio destino esattamente come si fa con una merce al supermercato. 
Spesso alle persone non va proprio a genio di affrontare con gioia i grigiori della realtà.
L’uomo non arriva a comprendere perché debba costringere se stesso a perdonare coloro che odia e amare coloro verso cui prova indifferenza.

L’uomo viene posto di fronte al fatto che innanzitutto, egli è un coacervo di difetti e vizi su cui occorre lavorare alacremente. Un quadro sconfortante da cui risulta che se l’uomo non ha avuto subito la fortuna di nascere ricco e fortunato, allora ha solo due prospettive: o portare la sua croce con rassegnazione, o dedicare la sua vita alla lotta.
Nel profondo dell’anima si fa fatica a provare gioia per queste alternative di vita. Per fortuna una via d’uscita c’è: il Transurfing.

Se abbiamo deciso per noi stessi che il destino è qualcosa di predeterminato che non siamo in grado di cambiare, andrà sicuramente così. In questo caso ci mettiamo volontariamente in mani altrui, non importa di chi, e diventiamo una nave che naviga secondo l’arbitrio delle onde.
Se invece riteniamo di essere creatori del nostro destino, allora ci assumeremo coscientemente la responsabilità di ciò che avviene nella nostra vita. Lottiamo con le onde nel tentativo di governare la nostra nave.

Ma osserviamo bene quello che succede: la nostra scelta si realizza sempre. Otterremo sempre quello che scegliamo. L a natura del mondo è una, ma manifesta costantemente volti diversi. “La molteplicità di varianti del nostro mondo è la sua proprietà prima e fondamentale”.
Il destino dell’uomo è raffigurato da una pluralità di varianti. Teoricamente non esiste nessun tipo di limitazione agli scenari e alle decorazioni dell’esistenza umana, giacchè lo spazio delle varianti è infinito.

Qualunque avvenimento di minima importanza può influire sul decorso del destino. La vita dell’uomo, come un qualsiasi altro moto di materia, si presenta come una concatenazione di cause ed effetti.
L’effetto nello spazio delle varianti si trova sempre vicino alla sua causa. L’uno segue l’altro, perciò i settori del destino si dispongono in “linee della vita”. Gli scenari e le decorazioni dei settori su una stessa linea sono più o meno omogenei.
La vita di un uomo trascorre a ritmo cadenzato lungo una stessa direzione, finchè non si produce un evento che cambia scenari e decorazioni.

Allora il destino subisce una svolta e passa su un’altra “linea della vita”. Si può dire che la realtà si evolve lungo la linea della vita a seconda del punto di partenza prescelto. Ognuno ottiene ciò che sceglie. Abbiamo il diritto di scegliere proprio perché l’infinità delle varianti esiste già.
Nessuno ci impedisce di scegliere il destino che più ci piace. La gestione intera del destino si riduce ad un unico e semplice atto: “fare una scelta”.
Il Transurfing risponde alla domanda come fare.

Non si può stare semplicemente seduti e formare la propria realtà con la sola forza della contemplazione, sebbene i pensieri influenzino fortemente il destino dell’uomo al pari delle azioni concrete.
Quando pensiamo a qualcosa, la frequenza dell’energia dei nostri pensieri è sintonizzata su una determinata zona nel settore delle varianti.
Quando l’energia finisce in un settore dello spazio delle varianti, prende origine la realizzazione materiale della data variante.

L’energia possiede una struttura complessa e permea tutto ciò che esiste in questo mondo. Passando attraverso il corpo dell’uomo, l’energia viene modulata dai pensieri e, in uscita assume i parametri corrispondenti a questi pensieri.

Le circostanze della vita si formano non solo in seguito ad azioni concrete, ma anche per effetto del carattere dei pensieri di una persona. Se abbiamo un atteggiamento ostile nei confronti del mondo, esso ci risponderà allo stesso modo. Se siamo abituati ad esprimere perennemente insoddisfazione, avremo sempre più motivi per farlo. Se nei nostri rapporti con la realtà predomina il negativismo, il mondo sicuramente ci mostrerà i peggiori lati di sé. Al contrario, un atteggiamento positivo cambierà in meglio la nostra vita nel modo più naturale. L’uomo ottiene sempre quello che sceglie: questa è la realtà delle cose, ma su una determinata linea della vita non si può cambiare niente.

E’ pur vero, però, che il passaggio su una linea della vita secondo le proprie esigenze non avviene per semplice desiderio. Non tutti i pensieri trovano una realizzazione materiale, e non tutti i desideri si avverano.
E qui non si tratta del contenuto dei pensieri ma della loro qualità: un semplice sogno o un desiderio non significano ancora una scelta. “I sogni non si avverano da soli”.

Secondo il Transurfing “l’uomo può scegliere la propria fortuna senza bisogno di lottare per ottenerla”. Si può lottare una vita intera e non raggiungere niente lo stesso.
Non è più semplice fare in modo che sia il mondo a venirci incontro?
L’energia del pensiero dei singoli individui si fonde in un unico flusso: “un pendolo energetico”.

Perché un pendolo? Perché oscilla con frequenza tanto più forte quanto maggiore è il numero degli individui, “dei sostenitori” che lo nutrono della loro energia. Qualsiasi essere vivente in grado di emettere energia in una precisa direzione prima o poi crea un pendolo energetico. Ogni pendolo per sua natura è distruttivo perché sottrae energia ai suoi membri e li sottomette al proprio potere. 
Il carattere distruttivo del pendolo si manifesta nella sua totale indifferenza al destino di ogni singolo membro. L’obiettivo del pendolo è solo uno: ricevere l’energia del membro. Quale possa essere il vantaggio del singolo membro per il pendolo è irrilevante. Per questo motivo chi si trova a subire la pressione di un pendolo distruttivo può rovinarsi con estrema facilità l’intera esistenza.

Sfuggirne indenni è di solito molto difficile. Uno dei metodi preferiti dai pendoli per garantirsi l’accesso alla nostra energia è quello di farci perdere il controllo. Chi perde l’equilibrio comincia a “vibrare” alla frequenza del pendolo, contribuendo a farlo oscillare. L’individuo può anche rendersi conto del fatto che i pensieri e i comportamenti negativi non portano a niente di buono tuttavia continua a ripetere gli stessi errori per la forza dell’abitudine.

Le abitudini causano spesso problemi e obbligano ad agire in modo poco produttivo. Esse creano una illusione di benessere e l’uomo si appoggia ad esse perché si fida di più delle situazioni note. Se il desiderio di evitare una determinata circostanza è molto forte, esiste una forte probabilità che l’indesiderata circostanza si verifichi. Lottare con tutte le proprie forza contro qualcosa che non vogliamo equivale ad investire energia affinchè ciò si produca nella nostra vita.

Se ci lasciamo penetrare dal negativo e cominciamo a cullare questa situazione, l’evento indesiderato troverà sicuramente il modo di materializzarsi nella nostra vita. L’unico modo per allontanare dalla propria vita gli eventi indesiderati è liberarsi dalla pressione del pendolo. Non abbiamo il diritto di giudicare e di cambiare qualcosa in questo mondo. Bisogna percepire tutte le manifestazioni della realtà come quadri in una mostra in cui possono esserci tanti quadri per noi poco interessanti, ma non ci viene in mente di chiedere ai curatori di toglierli.

Una volta riconosciuto il pendolo e il suo diritto di esistere siamo in pieno diritto di uscire, di svincolarci dalla sua influenza: ma non lottando contro di lui, non giudicandolo arrabbiandoci e perdendo il controllo della situazione ma accettandolo e solo dopo uscirne.

Ogni manifestazione di non accettazione è una emissione di energia in direzione del pendolo. Prima di poter “scegliere” bisogna imparare a “rinunciare”. Gli uomini spesso sanno benissimo che cosa non vogliono ma non hanno le idee chiare su quello che vogliono. Mirando ad evitare cose o fatti indesiderati riescono ad ottenere esattamente il contrario.
“Per rinunciare bisogna prima accettare”. 

Il verbo “accettare” deve essere considerato come riconoscere alle altre realtà il diritto di esistere e, fatto questo, lasciarsele alle spalle con indifferenza.
Accettare e lasciare andare significa far passare dentro di sé un fatto e dargli l’addio, dimenando la mano in segno di saluto.

Come ci si può difendere dall’azione di un pendolo? Facendo il “vuoto”. 
Se sono vuoto non offro agganci. 
Non faccio il gioco del pendolo ma non cerco nemmeno di difendermi. Lo ignoro semplicemente. L’energia del pendolo senza toccarmi si diffonde e si disperde nello spazio. Se qualcuno ci infastidisce possiamo ignorarlo semplicemente non rispondendo alle sue provocazioni senza fornirgli così “energia”. Possiamo nutrirlo di energia sia direttamente, litigando con lui, sia indirettamente, odiandolo in silenzio.

Smettere di fornirgli energia vuol dire non pensare a lui, toglierselo dalla testa. L’abitudine a reagire negativamente di fronte a circostanze fastidiose funge da leva d’innesco del meccanismo di presa della nostra energia mentale da parte del pendolo. Questa abitudine verrà meno sostituendo le sensazioni: invece della paura proviamo a manifestare sicurezza, invece di provare sconforto proviamo a sfoderare entusiasmo, al posto dell’indignazione esibiamo indifferenza e al posto dell’irritazione mostriamo gioia. Per ogni problema difficile esistono soluzioni facili. Il pendolo che ha creato il problema ostacola la visione. 
La chiave per la soluzione sta sempre in superficie, si tratta solo di vederla.

(Liberamente tratto da “Lo spazio delle varianti” di Vadim Zeland)





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